La tecnica di fabbricazione dei muretti a secco è stata inserita nella lista del Patrimonio mondiale immateriale dell’umanità dell’UNESCO. Lo ha annunciato l’organizzazione in un post sul profilo Twitter congratulandosi con gli 8 paesi europei che avevano presentato congiuntamente la candidatura: Croazia, Cipro, Francia,Grecia, Italia, Slovenia, Spagna e Svizzera. Si tratta di uno dei primi esempi di manifattura umana ed è presente in tutte le culture del pianeta. Viene adottato per fini abitativi ma anche agricoli, come per i terrazzamenti dei pendii scoscesi.
La lista del Patrimonio mondiale immateriale non si basa su criteri di esclusività ma vuole valorizzare le attività delle comunità. Comprende ad oggi 409 elementi, 10 dei quali aggiunti nel 2018.
Un riconoscimento che conferma «ancora una volta» come i valori dell’agricoltura siano «riconosciuti come parte integrante del patrimonio culturale dei popoli», osserva il Ministro delle politiche agricole e del turismo, Gian Marco Centinaio. E che rappresenta al tempo stesso, per la Coldiretti, «il lavoro di generazioni di agricoltori, impegnati nella lotta al dissesto idrogeologico provocato da frane, alluvioni o valanghe».
Ed è un bene che «valorizza ancora di più l’unicità del nostro territorio», afferma Michele Emiliano, il presidente della Regione Puglia, che si è fatta promotrice, insieme ad altre Regioni, di questa candidatura. In Italia è possibile vederne esempi in numerose regioni, tra cui Puglia, Calabria, Sardegna e Sicilia, Campania, Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Trentino Alto-Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Lazio. «L’arte del ‘Dry stone walling’ riguarda tutte le conoscenze collegate alla costruzione di strutture di pietra ammassando le pietre una sull’altra, non usando alcun altro elemento tranne, a volte, terra secca», spiega l’Unesco nella motivazione del provvedimento. I muretti a secco «sono sempre fatti in perfetta armonia con l’ambiente, e la tecnica esemplifica una relazione armoniosa fra l’uomo e la natura».
E inoltre «svolgono un ruolo vitale nella prevenzione delle slavine, delle alluvioni, delle valanghe, nel combattere l’erosione e la desertificazione delle terre, migliorando la biodiversità e creando le migliori condizioni microclimatiche per l’agricoltura». Tuttavia questa antica pratica sta scomparendo, per la mancanza di manodopera specializzata. Per questo sono nate diverse scuole sul territorio nazionale che cercano di preservarne la millenaria cultura artigiana. Un esempio si trova in Trentino. La Scuola trentina della pietra a secco, istituita nel 2013 all’interno dell’Accademia della Montagna, è composta da un gruppo di lavoro che include diverse figure professionali – dal maestro artigiano al geometra, dall’architetto all’ingegnere. La candidatura dell’arte dei muretti a secco è stata portata avanti dal Ministero delle Politiche agricole e del Turismo, in sinergia con il MAECI e con la Commissione nazionale Unesco.
Anche il Salento, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, dovrebbe cogliere l’opportunità dato che è una caratteristica del nostro territorio mai effettivamente valorizzata .
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