Alcuni pescatori dilettanti sono rimasti letteralmente sorpresi se non atterriti quando l’hanno visto. Un grosso squalo che con estrema voracità predava sino a pochi metri, se non centimetri, dalla riva nei pressi di Cerano, Brindisi, e più precisamente allo sbocco del canale della Centrale Termoelettrica. Si tratta di un evento unico anche per il tipo di specie, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, perché questa volta non si tratta della solita verdesca, come segnalato più volte nel corso degli ultimi anni per avvistamenti analoghi nel Tacco.
Un fatto che merita senz’altro un approfondimento da parte degli studiosi, per comprendere come mai si verifichino con sempre maggior frequenza questo tipo di eventi che, vista anche la frenesia alimentare dimostrata dall’ultimo grosso esemplare a pochissima distanza dalla costa, inducono a riflettere se vi sia un qualsiasi tipo di rischio per i bagnanti. Quello filmato, per la sua eleganza e velocità fulminea nei movimenti, non è certo un esemplare di squalo elefante (grande squalo innocuo che si nutre di plancton come le balene) e nemmeno uno squalo balena. Si tratta sicuramente di uno squalo predatore di medie dimensioni.
Le ipotesi sulla classificazione: potrebbe trattarsi di un Mustelus mustelus, conosciuto comunemente come pesce palombo, è uno squalo non pericoloso per l’uomo appartenente alla famiglia Triakidae. Viene spesso catturato per l’alimentazione umana, per ricavarne olio di pesce e per farne mangime per animali. Tuttavia, gli squali rappresentano anche un importante specie della biodiversità marina, che contribuisce al corretto equilibrio dell’ecosistema marino.
Di solito, quando si parla di squali nel mediterraneo, il pensiero comune va quasi sempre alla verdesca o squalo azzurro (Prionace glauca (Linnaeus, 1758)) uno squalo appartenente alla famiglia Carcharhinidae che abita acque profonde temperate e tropicali in tutto il mondo. Predilige temperature più fredde e può migrare attraverso lunghe distanze, ad esempio dal New England al Sudamerica. Anche se generalmente sono animali letargici, possono muoversi all’occorrenza assai velocemente. Sono pesci ovovivipari e sono noti per mettere al mondo anche più di 100 avannotti per volta. Si nutrono principalmente di pesci e calamari, anche se possono catturare prede più grandi. Spesso si muovono in banchi divisi per dimensione e sesso. La vita massima è ignota, ma si stima che possano arrivare ad età intorno ai 20 anni. Fino al 2013 sono stati registrati solamente 13 attacchi all’uomo da parte di questa specie, con 4 morti, tuttavia molti attacchi (specie quelli che avvenivano un tempo a carico dei naufraghi) possono non essere stati registrati adeguatamente o confusi con altre specie.
A dirla tutta, nel mar mediterraneo vivono anche alcuni esemplari di grande squalo bianco, considerato il più pericoloso tra gli squali anche a causa delle sue grandi dimensioni e della potenza del suo morso. Il Carcharodon carcharias è infatti presente anche nel mar Mediterraneo dove vi è una zona di riproduzione nell’area che comprende Sicilia, Malta e Tunisia. Uno studio del 2010 effettuato sul patrimonio genetico di squali bianchi presenti in Turchia, Tunisia e Sicilia e pubblicato sulla rivista Proceedings of the Royal Society ha ipotizzato che gli squali bianchi del mediterraneo siano arrivati dall’Australia 450.000 anni fa attraverso lo Stretto di Gibilterra a causa di un errore nel seguire le correnti marine e che non siano più riusciti ad uscirne. A dimostrarlo sarebbe il loro patrimonio genetico, molto più simile a quello degli squali bianchi australiani rispetto a quello degli squali bianchi atlantici. Lo stesso studio, inoltre, sostiene che poiché gli squali atlantici entrano nel mediterraneo assai raramente, gli squali bianchi del mediterraneo siano isolati geneticamente, fatto che li svantaggia dal punto di vista dell’adattamento evolutivo.
Detto questo, non è semplice classificare uno squalo per la sua specie e valutarne la potenziale pericolosità nei confronti dell’uomo. Ciò che è certo è che sino a quando gli uomini riusciranno a stare alla larga da questi animali non accadrà mai nulla di spiacevole. E’ anche opportuno ricordare che, in realtà, nella scala della pericolosità uomo-squalo, è proprio l’uomo a risultare più letale: ogni anno si contano migliaia di squali uccisi per le loro pinne e per le loro carni, utilizzate soprattutto nella cucina orientale ma anche in quella occidentale. Un consumo eccessivo che sta decimando una specie molto importante per l’ecosistema marino e quindi anche per la sopravvivenza degli altri pesci. Il video diffuso nelle ultime ore:
Importante da ricordare come, sempre in acque salentine, tempo fa un grosso squalo dal colore rossastro fu catturato, ucciso e trasportato lungo il porto di Gallipoli (LE) con grande meraviglia per i presenti, alcuni dei quali “armati” di smartphone per immortalare il singolare evento. Stando alle immagini, diffuse da un cittadino sui social, si tratterebbe di un esemplare di squalo capopiatto (Hexanchus griseus, noto volgarmente anche come “squalo vacca“) una specie di squalo che risulta molto simile ad alcune specie preistoriche risalenti persino al Triassico (circa 200 milioni di anni fa, quando cominciavano ad apparire sulla terra le prime specie di dinosauro).
Un avvistamento che ormai non è una rarità sulle coste del Salento, specie nell’imminenza della stagione estiva. Uno squalo, quasi certamente un esemplare di verdesca adulto di circa 2 metri fu filmato nel mese di maggio del 2017 a pochi metri dal bagnasciuga nei pressi di Lido Pizzo, località del comune di Gallipoli famosa per la bellezza del luogo e delle acque cristalline. Il fatto più eclatante, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, risiede però, proprio nel fatto che si tratti dell’ennesimo caso, anche se il primo della stagione, che documenta un fenomeno che si ripete ciclicamente e sempre con maggior frequenza, quello dell’avvistamento di squali a due passi dalla riva che meriterebbe una spiegazione da parte degli esperti pure per comprendere come mai questa specie abituata a mantenersi in acque più profonde – anche se costiere dei nostri mari – si spinga sempre con maggiore frequenza sino a terra anche nel meridione d’Italia.
Ovviamente, come nei precedenti avvistamenti, più che paura solo grande curiosità da parte dei presenti, perchè la verdesca è fondamentalmente una specie pressochè innocua per l’uomo, per la quale sono stati documentati nella storia e sino al 2013 solo 13 attacchi di cui 4 mortali a livello mondiale secondo l’ISAF (acronimo di The International Shark Attack File), che costituisce il più importante e autorevole database in materia. Il VIDEO diffuso sul web da un cittadino: