In Puglia ripubblicizzare l’acqua si può. Lo ha detto il risultato del referendum del 2011 e lo spiega ancora il giurista Lucarelli, artefice della ripubblicizzazione a Napoli. Ripubblicizzare l’acqua dei pugliesi significherebbe trasformare l’Aqp, il più grande acquedotto in Europa, in azienda speciale.
Il problema è l’attuale maggioranza di governo, che di fatto non contribuisce a questo processo. Lo ha sostenuto Alberto Lucarelli alla riunione del Tavolo tecnico paritario Comitato pugliese “Acqua Bene Comune” – Regione Puglia per la Ripubblicizzazione di AQP SpA.
“L’assoluta sostenibilità giuridica della trasformazione di AQP SpA in azienda speciale, alla luce del diritto europeo e nazionale”. La Regione Puglia sarebbe il soggetto legittimato a deliberare la trasformazione, in quanto si tratta di materia tra quelle di competenza regionale e non statale per effetto della riforma costituzionale del 2001, che di fatto consente alla legge regionale di sostituirsi alle precedenti norme dettate dalla legge dello Stato. Il VIDEO:
Il referendum del 2011 fu considerato dall’allora Presidente della Regione Nichi Vendola come “il giorno più bello della sua vita”, eppure la ripubblicizzazione di Aqp non è ancora avvenuta. La giustificazione sarebbe stata quello di sostenere che l’acqua sarebbe di fatto pubblica in quando Arp è una Spa a totale capitale pubblica. Ma nei fatti la gestione resta ancora in mano ad un ente privato che non si sbilancia molto a togliere l’acqua alle case delle famiglie morose anche se queste sono bisognose, come accaduto recentemente in Salento. Ma del resto, il profitto è il primo obiettivo di una società privata. Quindi nulla di strano. Ciò che è ambiguo è appunto la posizione del governo regionale negli anni, da Vendola ad Emiliano.
Ora, il comitato pugliese, attivo senza soluzione di continuità anche dopo il giugno di sei anni fa, spiega che «la SpA (anche a intero capitale pubblico) può fallire mentre l’azienda speciale no, con conseguenze diverse non solo sul piano economico ma anche sociale e sanitario; che anche quel tipo di SpA ha scopo di lucro mentre l’azienda speciale ha l’orizzonte del pareggio di bilancio, da cui discendono politiche aziendali diverse e, ancora una volta, conseguenze diverse sul piano socio-economico».
«La forma giuridica privata – scrivono i sostenitori dell’esito referendario – incide significativamente anche sui rapporti di lavoro, fiscali e tributari. Il decreto Madia (codice della società partecipate) contrasta le SpA a capitale interamente pubblico mentre non tocca le aziende speciali. L’unico modo per mettere in sicurezza l’acqua come bene comune e il servizio idrico integrato pubblico, e auspicabilmente partecipato, è quello di passare velocemente all’azienda speciale». Al tavolo pugliese, anche le sigle sindacali presenti hanno sostenuto che non si può protrarre l’attuale situazione di incertezza poiché questa crea difficoltà e danni alla gestione aziendale (piani industriali, strategici, investimenti,…) con effetti anche sulle tariffe.
Una inchiesta di Popoff e Left ha rivelato che il risultato referendario è disatteso in tutta Italia con pochissime eccezioni, e in particolare per quanto riguarda Aqp si sta giocando si comincia a parlare di una grande multiutility del Sud. Emiliano e Vendola non sembra abbiano mai contrastato questa situazione, che infatti sta proseguendo negli anni.
Secondo quanto riportato anche da un articolo su Popoff, il piano di Emiliano non aiuterebbe alla ripubblicizzazione di Aqp, al contrario ne aumenterebbe il processo di privatizzazione dal momento che sarebbe più facile la compravendita di azioni di Aqp dai Comuni-azionisti, che magari, strozzati dal Patto di Stabilità e impossibilitati a fornire i servizi più basilari ai propri cittadini, sarebbero costretti a venderle per un po’ di “ossigeno” sul piano economico.
Dalla sinistra tante belle parole ma tante belle privatizzazioni: Vincenzo Colonna, di “Noi a sinistra” ha sostenuto che se ci fosse la possibilità giuridica di un’azienda speciale, questa sarebbe la prima opzione. Il problema, da nord a sud, è sempre il Pd.
Lucarelli, ordinario di Diritto Costituzionale all’Università Federico II di Napoli, figura fra gli estensori del Referendum del 2011 sui servizi idrici e gli altri SPL, i servizi pubblici locali, difensore della Regione Puglia dinanzi alla Corte costituzionale dell’esito referendario nella celebre sentenza della Corte costituzionale n. 199 del 2012, nonché unico in Italia – nella sua qualità di Assessore al Comune di Napoli con delega ai Beni Comuni – ad aver operato la trasformazione di una società per azioni di gestione del servizio idrico in un soggetto di diritto pubblico (ARIN SpA in ABC azienda speciale).