In Puglia il fossile di un rettile del Cretaceo con resti di tessuti molli, la scoperta nel 2018 in Salento

Sulle sponde di un antico mare, dove oggi sorge la città di Nardò, in Puglia, giaceva nascosto un tesoro inestimabile: il fossile di un rettile acquatico vissuto nel Mesozoico (l’era dei dinosauri) che ha solcato le acque del nostro pianeta ben 75 milioni di anni fa. Battezzato con il nome scientifico di Primitivus manduriensis, in onore del celebre vitigno pugliese, questo straordinario reperto ci riporta indietro nel tempo, a un’epoca in cui i rettili marini (che non erano dinosauri, seppur imparentati con essi) dominavano la Terra. Scoperto da un team di paleontologi guidato da Ilaria Paparella dell’Università Sapienza di Roma, il fossile del Primitivus manduriensis ha svelato i segreti di una creatura affascinante:

Come riportato in un precedente approfondimento pubblicato su PugliaReporter.com nel 2018, le caratteristiche anatomiche furono accuratamente studiate e descritte sulla prestigiosa rivista Royal Society Open Science. Il clade dell’antico rettile preistorico si avvicina più a quello dei serpenti moderni e ai mosasauri – temibili predatori marini ormai estinti – rispetto ai dinosauri terrestri, ben distinti da questi animali. La straordinaria conservazione del fossile, avvolto in una lamina calcarea che ha protetto le sue delicate strutture per milioni di anni, ha permesso agli scienziati di compiere una scoperta eccezionale: all’interno dello stomaco del rettile sono stati ritrovati i resti dell’ultimo pasto, una lisca di pesce che ci racconta qualcosa delle sue abitudini alimentari. Grazie a questo ritrovamento, possiamo immaginare il Primitivus manduriensis mentre nuotava agilmente nelle acque calde di un antico mare, alla ricerca di prede. Con il suo corpo affusolato, la coda potente e le zampe trasformate in pinne, era un predatore formidabile, perfettamente adattato alla vita acquatica. La creatura fa parte del genere di rettili estinti Dolichosauridae. Il Dolichosaurus longicollis – la specie dalla quale prende nome la famiglia – era un rettile acquatico molto simile al suo cugino pugliese ma che viveva nell’attuale Inghilterra. La scoperta del Primitivus manduriensis non è solo un importante contributo alla paleontologia, ma rappresenta anche una finestra sul passato, un’opportunità per comprendere meglio l’evoluzione della vita sulla Terra e per ammirare la bellezza e la complessità degli ecosistemi che ci hanno preceduto.

“Non è solo  essa rappresenta la prima prova della presenza dei dolichosauri in una piattaforma carbonatica italiana meridionale, colmando una lacuna paleogeografica nella Tetide del Mediterraneo, ma estende anche la gamma di questo gruppo al Maastrichtiano superiore inferiore-campano”si legge nel testo dello studio. “La nostra analisi della parsimonia ripristina un clapetorph clade monofiletico non-ofhidiano, tra cui Tetrapodophis amplectusallo stelo di Mosasauroidea + Dolichosauridae, che insieme rappresentano il gruppo gemello di Ophidia (serpenti moderni e fossili). Basandosi invece sull’inferenza bayesiana, Pythonomorpha è monofiletico, con Ophidia che rappresenta il clade più profondamente annidato e il nuovo taxon come basale rispetto a tutti gli altri pythonomorphs. Primitivusmostra una morfologia abbastanza conservativa in termini sia di allungamento assiale della riduzione del tronco e degli arti, e la coesistenza di adattamenti acquatici con caratteristiche che suggeriscono la capacità di muoversi sulla terra suggerisce uno stile di vita semi-acquatico. L’eccezionale conservazione dei muscoli mineralizzati, le parti dell’integrato, le cartilagini e il contenuto dell’intestino forniscono fonti uniche di informazioni su questo gruppo estinto di lucertole. Il nuovo esemplare potrebbe rappresentare la persistenza locale di una popolazione di doliciuri relitti fino quasi alla fine del Cretaceo nella Tetide del Mediterraneo e dimostra l’incompletezza della nostra conoscenza delle distribuzioni temporali e spaziali del dolcosauro” – hanno aggiunto i ricercatori. Dettaglio della testa:

La lucertola, appartenente ai Dolicosauridi, possedeva le fattezze all’incirca di un moderno varano, cugino dei giganteschi Mosasauri, re incotrastati dei mari del Creataceo e probabilmente, secondo l’opinione alcuni ricercatori, antenato dei moderni serpenti. Con un corpo lungo fino ad un metro, possedevano un collo particolarmente allungato, zampe corte, una coda piatta e un muso appuntito che ne facilitavano la mobilità in acqua rendendoli voraci e veloci predatori marini come dimostrato dalle interiora di questo esemplare. La ricerca. Lo studio del fossile ha permesso di riscrivere la storia di questi rettili del passato. Fino ad oggi infatti si credeva che avessero solcato i mari “solo” fino a 85 milioni di anni fa per poi soccombere a una serie di stravolgimenti climatici che ne decimarono le prede. I ricercatori tramite analisi spettroscopiche e ultra violette sono riusciti a post datare la scomparsa di questi lucertoloni acquatici a 70 milioni di anni fa. In fine lo studio del bacino e delle ossa pelviche ci racconta che le antiche lucertole non erano solo delle nuotatrici come si era fin ora ipotizzato, ma possedevano la capacità di muoversi su terra ferma. Una ricostruzione artistica dell’antico rettile:

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