Pasquale Caputo ce l’ha fatta. Circa 1700 chilometri a piedi per ricordare suo padre Francesco nacque a Barletta il 21 maggio 1917. Da soldato, era in forza al Reggimento di Cavalleria di Ferrara. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, fu catturato a Verona e deportato nei campi di prigionia tedeschi, andando a far parte di quella schiera di IMI (Internati Militari Italiani) ritenuti traditori dall’ex alleato nazista. Posti davanti alla scelta di continuare a combattere nelle file dell’esercito tedesco, la stragrande maggioranza degli oltre 600.000 catturati rifiutò l’arruolamento e venne smistato nei Lager di tutta Europa:

Dopo la fine della guerra, tra l’estate del 1945 e il 1946, i sopravvissuti fecero ritorno in patria utilizzando qualunque mezzo e camminando a piedi per centinaia e centinaia di chilometri. Anche Francesco Caputo, dopo la detenzione nei campi di Moosburg, Memmingen e Kaufbeuren nei dintorni di Monaco di Baviera, intraprese il cammino verso l’auspicata libertà, giungendo alla casa paterna di Barletta il 27 luglio 1945. UNA TRAGEDIA IMMANE. Non tutti riuscirono a tornare a casa. Molti morirono nei campi di concentramento, altri invece perirono proprio durante il viaggio, spesso affrontato in condizioni di salute assai precarie. Coloro che riuscirono a mettersi in cammino e a tornare, nella maggior parte dei casi dovettero superare prove durissime sia fisicamente che psicologicamente. Ecco perché il viaggio di Pasquale Caputo è testimonianza vivissima di quel dramma, di quelle sofferenze, e al tempo stesso è un vettore di riflessione e memoria concrete, palpitanti, capaci di essere ancora più forti e autentiche perché corroborate dall’amore e dall’esempio. Durante il suo lungo viaggio a piedi, Caputo è stato monitorato attraverso innovativi strumenti di telemedicina. A tal proposito, riportiamo qui sotto i link ad alcuni video diffusi sul web:
Barletta: si è concluso il viaggio a piedi di Pasquale Caputo, partito dalla Baviera – link video:
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